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INFEDELTÀ CONIUGALE

INFEDELTÀ CONIUGALE

L’infedeltà coniugale è un problema di cui sono afflitte moltissime coppie. Il Dr. Di Bari Diego, potrà aiutarvi raccogliendo prove certe ed inconfutabili. Investigazioni giudizialmente valide per separazioni e divorzi, corredate da prove fotografiche e filmati, volte a garantire al cliente prove inconfutabili.

Il Dr. Diego DI BARI, a seguito delle informazioni acquisite presso il cliente, ed utilizzando tecniche investigative consolidate, è in grado di ottenere prove schiaccianti comprovanti l’infedeltà da parte del coniuge ed offrire investigazioni giudizialmente valide per separazioni e divorzi. L’Istituto investigativo utilizza tecnologie all’avanguardia ed effettua indagini 24 ore su 24 per 7 giorni a settimana, festivi compresi. Al termine dell’indagine il cliente riceverà un dossier completo, corredato da immagini e video. Tutte le prove raccolte sono valide in sede giudiziale. La filosofia dell’Istituto Investigativo mette al primo posto la discrezione e la riservatezza prestando particolare attenzione a rispettare la legge sulla Privacy.

Spesso anche solo un dubbio infondato può rovinare un rapporto e può far passare delle terribili giornate tra brutti pensieri. A questo punto sarebbe meglio rivolgersi ad un investigatore privato, per far si che questo dubbio venga chiarito. Il Dr. Diego DI BARI è in grado di darvi una risposta, l’infedeltà del proprio coniuge può essere facilmente verificata da personale specializzato con strategie di pedinamento e appostamento.

APPROFONDIMENTI
ABBANDONO DELLA CASA FAMILIARE – ADDEBITO DELLA SEPARAZIONE – LIMITI (CC, ARTICOLI 143, 151, 2697 E 2729)

Parlando di infedeltà coniugale, ne può conseguire la separazione dei coniugi o l’abbandono della casa familiare.

La violazione degli obblighi matrimoniali non rileva ai fini dell’addebito se non abbia dato causa all’intollerabilità della convivenza. Pertanto, la dichiarazione di addebito nella separazione, anche in ordine alla violazione dell’obbligo di fedeltà, richiede la prova che l’irreversibile crisi coniugale sia ricollegabile al comportamento consapevole e volontario del coniuge, e che sussista un preciso nesso di causalità tra tale comportamento e l’intollerabilità della convivenza: il mancato raggiungimento della prova che tale comportamento sia causa efficiente dell’intollerabilità esclude dunque la pronuncia di addebito.

Corte di cassazione, sezione I civile, sentenza 11 agosto 2011 n. 17193 – Pres. Luccioli; Rel. Dogliotti; Pm (diff.) Russo

NOTA

La Corte ha precisato che la violazione dell’obbligo di fedeltà di cui all’articolo 143 Cc, sotto il vigore della normativa previgente, veniva ricollegata all’adulterio, cioè presupponeva la violazione del dovere di fedeltà sessuale, con conseguente offesa all’onore e al decoro del coniuge, rilevando soprattutto se ostentato e conosciuto da terzi. Con la riforma del 1975, invece, si ritiene che l’obbligo di fedeltà sia diretto a garantire e consolidare la comunione di vita tra coniugi, arrivando la dottrina e la giurisprudenza a ritenere che la violazione di tale dovere rappresenti una rottura del rapporto di fiducia tra i coniugi medesimi e, quindi, un deterioramento dell’accordo e della stima reciproci. In quest’ottica la pronuncia dell’addebito assume il carattere dell’eccezionalità, essendo rilevante l’elemento dell’imputabilità di comportamenti contrari ai doveri derivanti dal matrimonio e avendo riguardo a violazioni particolarmente gravi e ripetute o comunque inquadrate in una valutazione complessiva di tutta la vicenda coniugale (Cassazione 2740/08).

ADDEBITO – VIOLAZIONE DEI DOVERI DI CUI ALL’ARTICOLO 143 CC – SUFFICIENZA – LIMITI (CC, ARTICOLO 143)

Ai fini della pronuncia di un addebito non è sufficiente la sola violazione dei doveri previsti a carico dei coniugi dall’articolo 143 del Cc, ma occorre verificare se tale violazione abbia assunto efficacia causale nella determinazione della crisi coniugale, ovvero se essa sia intervenuta quando era già maturata una situazione di intollerabilità della convivenza, cosicchè, in caso di mancato raggiungimento della prova che il comportamento contrario ai doveri nascenti dal matrimonio tenuto da uno dei coniugi, o da entrambi, sia stato la causa del fallimento della convivenza, deve essere pronunciata la separazione senza addebito. Non elide il nesso causale tra l’allontanamento volontario e la persistenza di una pregressa condizione d’irreversibile dissidio della coppia che avrebbe indotto l’abbandono, l’assenza di episodi di maltrattamenti o di vessazioni da parte del coniuge abbandonato.

Corte di cassazione, sezione I civile, ordinanza 24 febbraio 2011 n. 4540 – Pres. Luccioli; Rel. Cultrera

ALLONTANAMENTO UNILATERALE DALLA RESIDENZA FAMILIARE – VIOLAZIONE DEGLI OBBLIGHI MATRIMONIALI – SUSSISTE – LIMITI (CC ARTICOLI 143, 144,146 E 151)

L’allontanamento dalla residenza familiare che, ove attuato unilateralmente dal coniuge, cioè senza il consenso dell’altro coniuge, confermato dal rifiuto di tornarvi, costituisce violazione di un obbligo matrimoniale ed è causa di per sé sufficiente di addebito della separazione, in quanto porta all’impossibilità della convivenza; ciò a meno che non risulti o che esso è stato determinato dal comportamento dell’altro coniuge, nel qual caso l’onere probatorio incombe a chi ha posto in essere l’abbandono, ovvero che il suddetto abbandono sia intervenuto nel momento in cui l’intollerabilità della prosecuzione della convivenza si era già verificata e in conseguenza di tale fatto.

Corte di cassazione, sezione I civile, sentenza 18 giugno 2008 n. 16575 – Pres. Luccioli; Rel. Giancola; Pm (conf.) Caliendo

ASSEGNAZIONE DELLA CASA FAMILIARE – ASSENZA DI FIGLI – POSSIBILITÀ DEL GIUDICE DI ATTRIBUIRLA QUALE ELEMENTO DELL’ASSEGNO DI MANTENIMENTO – ESCLUSIONE (CC, ARTICOLI 143, 155 E 156)

In assenza di figli, minorenni o maggiorenni non autosufficienti conviventi con i coniugi, il giudice non potrà adottare con la sentenza di separazione un provvedimento di assegnazione della casa familiare, sia in comproprietà fra i coniugi, sia che appartenga in via esclusiva a uno solo di essi, non autorizzandolo neppure l’art. 156 del Cc, che non prevede tale assegnazione in sostituzione o quale componente dell’assegno di mantenimento. In mancanza di una normativa speciale in tema di separazione, la casa familiare in comproprietà è soggetta, infatti, alle norme sulla comunione, al cui regime dovrà farsi riferimento per l’uso e la divisione.

Corte di cassazione, sezione I civile, sentenza 22 luglio 2007 n. 16398 – Pres. Morelli; Rel. Felicetti; Pm (conf.) Ciccolo; Ric. Bertaina; Controric. Scagnetto

ASSEGNAZIONE DELLA CASA FAMILIARE – PRESUPPOSTI – CONVIVENZA DEL CONIUGE CON FIGLIO MAGGIORENNE – NECESSITÀ CHE SIA LA STESSA CASA DOVE VIVEVA LA FAMIGLIA QUANDO ERA UNITA – SUSSISTE (CC, ARTICOLO 155)

Al fine dell’assegnazione a uno dei coniugi separati o divorziati della casa familiare, nella quale questi abiti con un figlio maggiorenne, occorre che si tratti della stessa abitazione in cui si svolgeva la vita della famiglia allorchè essa era unita e, inoltre, che il figlio convivente versi, senza colpa, in condizione di non autosufficienza economica. In particolare, l’assegnazione della casa familiare, prevista dall’articolo 155, comma 4, del Cc, rispondendo all’esigenza di conservare l’habitat domestico, inteso come il centro degli affetti, degli interessi e delle consuetudini in cui si esprime e si articola la vita familiare, è consentita unicamente con riguardo a quell’immobile che abbia costituito il centro di aggregazione della famiglia durante la convivenza, con esclusione di ogni altro immobile di cui i coniugi avessero la disponibilità.

Corte di cassazione, sezione I civile, sentenza del 4 luglio 2011 n. 14553 – Pres. Luccioli; Rel. Didone; Pm (diff.) Lettieri; Ric. Iannì; Int. Surace La sentenza costituisce titolo per l’ iscrizione dell’ipoteca giudiziale ai sensi dell’articolo 2818. In caso di inadempienza, su richiesta dell’avente diritto, il giudice può disporre il sequestro di parte dei beni del coniuge obbligato e ordinare ai terzi, tenuti a corrispondere anche periodicamente somme di danaro all’obbligato, che una parte di essa venga versata direttamente agli aventi diritto. Qualora sopravvengano giustificati motivi il giudice, su istanza di parte, può disporre la revoca o la modifica dei provvedimenti di cui ai commi precedenti.

ARTICOLI DEL CODICE CIVILE

ART.156-BIS – COGNOME DELLA MOGLIE

Il giudice può vietare alla moglie l’ uso del cognome del marito quando tale uso sia a lui gravemente pregiudizievole, e può parimenti autorizzare la moglie a non usare il cognome stesso, qualora dall’uso possa derivarle grave pregiudizio.

ART. 157 CESSAZIONE DEGLI EFFETTI DELLA SEPARAZIONE

I coniugi possono, di comune accordo, far cessare gli effetti della sentenza di separazione senza che sia necessario l’intervento del giudice, con una espressa dichiarazione o con un comportamento non equivoco che sia incompatibile con lo stato di separazione. La separazione può essere pronunziata nuovamente soltanto in relazione a fatti e comportamenti intervenuti dopo la riconciliazione.

ART. 158 SEPARAZIONE CONSENSUALE

La separazione per il solo consenso dei coniugi non ha effetto senza l’omologazione del giudice. Quando l’ accordo dei coniugi relativamente all’affidamento e al mantenimento dei figli è in contrasto con l’ interesse di questi il giudice riconvoca i coniugi indicando ad essi le modificazioni da adottare nell’interesse dei figli e, in caso di inidonea soluzione, può rifiutare allo stato l’ omologazione.

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